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Don Felix - estratto - primo incontro tra Don Felix e lo scrittore Mauro Cedri.



˗ Cedri, ha detto? ˗ Felix volle accertarsi di avere ben compreso le generalità della sua nuova conoscenza. ˗ Per l'appunto, Cedri! Mauro. ˗ Mauro Cedri… ˗ ripeté Felix facendosi pensieroso ˗ eppure questo nome non mi è nuovo! Posso chiederle di cosa si occupa? Che mestiere fa! Sempre che lei l'abbia un mestiere! ˗ Un mestiere l'ho, ma è come mettere in fila le pulci: scrivo. ˗ Oh, perbacco! Non verrà a dirmi di essere un giornalista? ˗ Per carità! Ah, i giornalisti! Se ne salvano pochi; li si può contare sulle dita di una mano! Tutti gli altri: una masnada di rispettabili prostitute prezzolate! Banali ruffiani che si spacciano per straordinari intellettuali! Se non sei dei loro, se non fai parte della loro squallida congrega, sei tagliato fuori; le porte ti si chiudono in faccia! Sempre e soltanto al soldo dei governanti e degli amministratori, ah! E di questi non vogliamo parlare? Utili unicamente a se stessi, bravi a far leggi e leggine che siano loro di convenienza, ma negligenti e incapaci nel gestire la Cosa Pubblica! Un giorno si esprimono in un modo, il giorno dopo nell'esatto contrario! Arroganti, presuntuosi, sempre spalleggiati dalle loro truppe di ubbidienti attivisti, anche questi miserabili, efficienti solo nei limiti di ciò che riguarda il loro tornaconto personale, bravi solo a chiedere un incarico, a elemosinare una poltroncina su cui posare il culo e poi non alzarsene più! Lei mi deve scusare se mi sto infervorando, ma quando parlo di cose che mi fanno montare in bestia perdo le buone maniere, il mio linguaggio si fa rozzo, quello di uno scaricatore di porto. ˗ Non si deve scusare, la comprendo, poiché anche a me capita, accumulo, accumulo rabbia, fino a quando arriva il momento in cui non riesco più a trattenerla, e allora essa esplode in mille pezzi, oppure mi chiudo in me stesso in un desolato silenzio e più non mi curo di avere contatti con il mondo, fine! La prego, parli pure con libertà, con il linguaggio che crede sia più adatto a esprimere con chiarezza questi concetti; come avrà potuto ben notare dall'espressione del mio volto e dalla rigidità del mio corpo, la ascolto con grande interesse. ˗ E le sono grato di tanta attenzione! Le dicevo di queste meschine figure, tante, troppe! Ah, la lista è lunga: banchieri, speculatori, faccendieri, maneggioni, preti, baldracche, critici, grandi autori, ah, quanto è lunga! Ma lei poc'anzi mi aveva fatto una precisa domanda che riguardava la mia disgraziata professione, e io, quale il peggiore dei bifolchi, non le ho risposto con la dovuta chiarezza. Sono uno scrittore, per lo più un romanziere, a essere più precisi. Felix, dopo aver udito quale fosse la professione dell'uomo che gli stava davanti, si fece nuovamente pensieroso. Si afferrò il mento con la mano e prese a massaggiarlo. Nella testa si ripeté il nome: Cedri, Mauro Cedri, scrittore; infine ricordò, e si espresse ad alta voce: ˗ Cedri, scrittore di non grande fama! Allora… no, non può essere! Eppure ricordo bene. ˗ La vedo esitante; forse ha avuto occasione di leggere qualcuno dei miei libri e ora non ne ricorda il titolo o tantomeno la trama? Non se ne faccia un cruccio, anch'io ricordo poco o nulla di quello che scrivo. ˗ Credo di non aver mai letto nulla di suo e me ne vergogno! Di certo provvederò a colmare tale lacuna al più presto, ma è altra la cosa, una stranezza! Non mi prenda per matto, ma sono quasi sicuro di aver visto affisso a una parete il suo necrologio. ˗ Lei non è un matto, e ciò è più che ragionevole: da quasi una settimana, in giro per la città, ne sono esposti almeno una decina, non di grande formato, nulla di prestigioso, in verità, poiché ho dovuto fare economie. ˗ Ma lei è davanti a me, un essere in vita, con un corpo, che parla e che ragiona; molte sono le cose straordinarie cui mi è capitato di assistere, ma questa no, va di là della mia comprensione e del buon senso comune! Anche se ciò mi renderà ridicolo, sono costretto a chiederglielo: non sarà per caso un fantasma? Ah, che follia! Certo che no: non ne ha parvenza. ˗ Ancora no, ma lo sarò a breve! Mi pare di averle poco fa detto che sono in attesa. ˗ Sì, lo ricordo bene, lo ha detto. Ora la prego di rispondermi in maniera che io possa comprendere, di qual cosa è in attesa? ˗ Di adoperarmi per porre fine alla mia vita, se una ne avevo; forse non inutile ma di certo poco considerata, al pari di uno sputacchio di mosca. ˗ Ha intenzione di darsi la morte? ˗ Sì, ma devo ancora stabilire in che modo, sono indeciso sulla forma in cui dovrà avvenire il passaggio. ˗ E per quale motivo? Se mi è lecito chiedere. ˗ Perché sono stanco di far stampare libri, sciupare carta, gettar via inchiostro per ottenere una misera e ridicola notorietà. So quello che valgo e tanto mi basta, ciò che mi serve è il denaro. Senza il denaro la fama non vale un fico secco, è il nulla, una torta in faccia! Ah, rido! Clown! Credo d'essermi espresso bene a dovere, con tanto d'acqua di Colonia e ciccia sui fianchi; almeno questa è la spiegazione ufficiale, dal trono alla barella, quella che serve per dare soddisfazione al pubblico, quello delle infime occasioni, sempre avido di pettegolezzi. ˗ Immagino di sì… ˗ annuì Felix con un cenno del capo, come se avesse capito, in realtà in uno stato di grande confusione. ˗ In verità, ˗ continuò Cedri ˗ la questione si potrebbe considerare da una differente e più puntuta angolazione, più intima, e pertanto, come si conviene, destinata a pochi, ossia, poiché sono un cretino, e non faccio per vantarmi, l'imperatore dei cretini, signore di un regno di immense dimensioni, sconfinato, e pertanto essendo tale, cioè fottutamente inadeguato a dare un misero senso alla mia miserabile vita, sarebbe più conveniente che io, l'imperatore, mi togliessi di mezzo, e con una certa qual discrezione, con la delicatezza che da sempre mi contraddistingue, insomma, che mi levassi prontamente dai coglioni e lasciassi posto ad altri più meritevoli. Ah, quale incubo disgustoso! Quale terribile sogno a occhi aperti! ˗ Mi spiace che lei abbia di sé tale e sì povera considerazione; da quel poco che ho udito, a sentirla parlare, non sembrerebbe. E come avrebbe intenzione di compiere tale estrema, ultima, luttuosa azione? ˗ È questa lo spinoso problema che debbo risolvere! In primo luogo, forsanche perché sono un ignobile vigliacco, robaccia! non avrei intenzione di soffrire; vorrei evitare di provare dolore. Una robusta corda da annodarmi intorno al collo, come ultima e inelegante cravatta, la escluderei: e se mentre sono lì che, come un improbabile pendolo, ciondolo da un ramo, magari scalciante, il volto viola, gli occhi fuori dalle orbite, in una maschera tragica e ridicola al tempo stesso, ci dovessi ripensare, non di farla finita, ovviamente, ma riguardo al modo inadeguato che avrei scelto per morire? A quel punto sarebbe tardi per tornare indietro, non le sembra? Altre soluzioni perché io possa uscirmene a testa alta da questo impaccio? Potrei lanciarmi a braccia protese ai lati della testa, a volo d'angelo, dall'ultimo piano di un palazzo? Maniera più elegante, ne convengo, ma soffro di vertigini, le altezze mi hanno sempre fatto paura, e chissà poi che cosa mi passerebbe per la cucurbita nel momento in cui io vedessi il suolo farsi sempre più vicino in attesa di raccogliermi come una frittella? E poi, s'immagina? spiaccicato a terra con la forza e la brutalità di una frustata! Ah! Annegare, poi ancora? Odio il freddo e l'umidità, e con ciò credo di aver detto tutto; penso alla fin fine che il modo migliore sia di tirarsi una potente revolverata nelle stoppose cervella, ma non possiedo e mai ho posseduto un'arma da fuoco e non saprei al momento come fare a procurarmela. Lei possiede un fucile, una rivoltella, una spingarda? ˗ Mi spiace, ma come lei, anch'io non mai avuto niente del genere; il che, probabilmente, è stato un bene perché è probabile che ne avrei fatto un uso sconsiderato…

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