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L'evoluzione del pensiero laico: dal miracolo alla botta di culo.



L'evoluzione del pensiero laico: dal miracolo alla botta di culo.

Dal nostro inviato Augusto Cerrinensis


Sul miracoloso incidente aereo avvenuto in Messico.

Così riferisce sull' incidente aereo avvenuto il giorno prima Avvenire del 1 agosto 2018,:

"Tutti salvi. Un incidente aereo che ha del miracoloso: 101 di persone, tra passeggeri e personale d'equipaggio, sono sopravvissuti allo schianto di un aereo, in fase di decollo, all'aeroporto di Durango, nel nord del Messico. Quasi tutti hanno riportato lesioni, la metà di loro è stata ricoverata in ospedale, ma nessuno è morto. L'incidente del volo 2431 della compagnia Aeroméxico è avvenuto alle 16:00 ora locale, quando in Italia era notte inoltrata, poco dopo il decollo, nel pieno di una forte tempesta".

Tale incidente "ha del miracoloso" asserisce Avvenire che per essere posseduto al 100% dalla Conferenza Episcopale Italiana ha in questo campo una indiscutibile autorevolezza.

Il fatto purtroppo non è rarissimo, purtroppo! Gli esperti spiegano come il decollo sia in realtà il momento più critico di ogni volo, più dell'atterraggio. Il motivo, apparentemente contro-intuitivo, dipende da un fatto banale: la distanza da terra. Infatti sono molteplici le cause che possono determinare un incidente nelle due fasi.

In decollo:

- Improvvisa corrente discendente di vento che schiaccia a terra il velivolo.

- Sovraccarico oppure errata dislocazione e/o ancoraggio dei bagagli nella stiva.

- Pista troppo corta rispetto al peso del velivolo.

- Perdita di potenza dei motori, tale da impedire la salita in quota.

In atterraggio:

- Eccessiva velocità o angolo di discesa errato.

- Discesa troppo lenta con conseguente stallo.

- Errore di individuazione della pista di atterraggio.

- Punto di contatto con la pista troppo corto o troppo lungo

Le criticità, come si vede, sono molteplici in entrambe le situazioni, e le statistiche infatti confermano che la maggior parte degli incidenti avvengono in queste due situazioni. Ma perché il decollo sia più pericoloso dell'atterraggio appare strano; in fin dei conti in atterraggio siamo più vicini alla salvezza, la terra appunto, dove ogni passeggero, anche il più smaliziato è lieto di appoggiare il piede alla fine del viaggio. Ma proprio qui sta l'errore di valutazione: la maggior distanza dalla terra in atterraggio consente ancora qualche manovra di emergenza, qualche tentativo di evitare il disastro. Jacques de La Palice ci insegna che la terra è dura e immobile, mentre l'aereo è fragile e veloce: la terra vincerà sempre in caso di impatto fra i due. Quindi è meglio avere un po' più di spazio per scampare il pericolo. Ciò detto, e ricondotto purtroppo a banale evidenza statistica l'accaduto, è invece insolito che il disastro, pur nella sua gravità, si sia concluso in modo quasi incruento: tutti i passeggeri e l'equipaggio sono riusciti a uscire in salvo, quasi incolumi, a parte qualche ferito più o meno grave. In questo senso è lecito parlare di "miracolo", perché l'impatto col suolo può facilmente determinare un incendio a bordo. Accade, purtroppo, che l'aereo possa esplodere causando la morte di quasi tutti i passeggeri. In questo caso per i pochi sopravvissuti è lecito parlare di "miracolo".

Ciò che induce il cronista a parlare di "miracolo", in senso proprio e non metaforico, in questo caso non è il fatto che tutti si siano salvati ma la narrazione che ne fa un passeggero, un prete. Ora se c'è una persona che possa parlare di miracolo in senso tecnico questo è proprio un prete, uno specialista di tali eventi.

L'impiego del termine "miracolo" in senso metaforico è entrato da secoli nell'uso linguistico comune. Si dice ad esempio "Guardate che magnifica giornata , è un miracolo!" quando dopo giorni di pioggia, si può fare finalmente una bella passeggiata. Anche la grande letteratura ci offre numerosi esempi di tali "miracoli", ad esempio Dante. Ecco come descrive la "miracolosa" apparizione della sua amata Beatrice, in un notissimo sonetto della "Vita Nova":

Ella si va, sentendosi laudare, benignamente e d'umiltà vestuta; e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare.

Gianfranco Contini, forse il nostro più acuto filologo del Novecento, ci ha messo in guardia, in una memorabile analisi critica di questo bellissimo sonetto, circa una sua interpretazione ingenua e spesso errata, mostrandoci come il significato di quasi ogni sua parola sia mutato, a causa dei secoli trascorsi, e la diversa contestualizzazione storica e stilistica. Tuttavia mi pare di poter affermare che rimanga intatto il significato metaforico del "miracoloso" incedere di Beatrice per le vie di Firenze.

Tale doveva esser stata la grazia. la bellezza di questa giovinetta, l'ondeggiare delle sue vesti eleganti, accompagnata dalla schiera delle sue compagne, altrettanto leggiadre.

Una vera apparizione "miracolosa".

Ma non di questo tipo di "miracolo" si occupa il prete, che, passeggero a bordo dell'aereo, ci descrive la situazione. Sentiamo la sua narrazione:

"A tutti i passeggeri a bordo appariva chiaro che stava per accadere un evento tragico. Tutti sembravano rassegnati alla fine imminente. Non c'era più terrore in quegli ultimi attimi fatali. I volti, le loro espressioni erano diventati quasi estatici, ispirati".

Può darsi che la percezione del prete sia stata un po' alterata dalla sua professione, ciò è normale, ma sentite come prosegue:

"La cabina aveva subito un cambiamento di illuminazione..." - si era interrotto qualche collegamento elettrico? Un corto circuito? Forse le luci intermittenti, gialle o rosse, che segnalavano criticità o pericolo? - Ma no! Ecco come prosegue la sua narrazione:

"Apparve una specie di aura tenue vicino al portellone di uscita, un delicato rosa pallido, come un invito a uscire. Nessuno udì o proferì parola, ma tutti noi sentimmo, dentro la nostra testa, queste parole di consolazione: "uscite con calma, siete salvi, non morirà nessuno". ˗ E così fu. ˗ Dopo che l'ultimo passeggero fu uscito e tutti potemmo allontanarci, l'aereo prese fuoco e bruciò completamente".

Alcune osservazioni in merito:

1. Se questo non è un miracolo, allora datemi una nuova interpretazione del termine, vi prego.

2. Siamo sicuri che quella strana intravista "aura rosata" vicino al portellone di uscita non fosse proprio una luce di emergenza, un segnale che indicasse la via di fuga?

3. La voce angelica (siete tutti salvi, andate in pace, e non peccate più) non sarà stata quella della hostess che invitava da tutti gli altoparlanti, sia pure flebilmente, come se fosse voce telepatica, ad uscire con calma, a non accalcarsi, per non causare altri guai?

4. Oppure era forse apparso uno steward trentenne, con barba e lunghi capelli biondi, occhi azzurri, come ci viene solitamente mostrato il Nazareno, che era di origine norvegese, come apparve al reverendo John Smith della Chiesa degli Ultimi Santi, a Salt Lake City? La sua uniforme azzurra, nella tremula e intermittente luce di emergenza, poteva essere forse scambiata per la tunica di un rabbi?

5. Siamo poi sicuri che accanto alla segnalazione di PERICOLO, sopra il portellone non fosse apparso anche un TRIANGOLO (che infatti indica "pericolo" per convenzione internazionale ) con al centro qualcosa di simile a un occhio, da cui fuoriusciva una mano benedicente?

Qualche passeggero ne parlò ai soccorritori che lo stavano trasportando via in barella.

È già successo, in circostanze analoghe, che persone turbate da eventi insoliti, ma non affette da disturbi mentali, abbiano riferito simili esperienze "miracolose". Si potrebbe allora argomentare che non c'è niente di più normale di un miracolo in simili situazioni, anzi, a pensarci bene, il vero miracolo sarebbe che non accadesse nessun miracolo. E pazienza se poi qualcuno qualche giorno dopo, in ospedale, ci ha lasciato la pelle per le gravi ferite riportate. Come è accaduto al comandante dell'aereo. Per lui nessun miracolo: il pilota è un professionista, sa che si espone ai pericoli, stando seduto proprio davanti; succede anche a chi guida un'automobile. E poi gli aerei non è detto che debbano incendiarsi subito, con tutti i passeggeri a bordo. A volte si incendiano anche dopo. È un "miracolo" che l'incendio abbia pazientato fino all'uscita dell'ultimo passeggero. Oppure è stato un caso? Insomma, anche se spiace dirlo, molte volte nei miracoli non c'è nulla di miracoloso, se non l'occhio dello specialista, il prete in questo caso, che lo percepisce.

Anche a Dante quando vide apparire, la sua Beatrice, radiosa e "benignamente d'umiltà vestuta" incedere per Via de' Tornabuoni sembrò di assistere a un "miracolo". O forse, nonostante le dotte spiegazioni di Contini, Beatrice era semplicemente una di quelle meravigliose ragazze fiorentine, che a primavera sbucano a volte miracolosamente da un viottolo nei verdi giardini di Boboli, sbocciate insieme ai fiori, come in quadro di Botticelli.

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