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La dura vita dello scrittore - saggio in forma di racconto

LA DURA VITA DELLO SCRITTORE di Marcus L. Nolde saggio in forma di racconto

Breve guida per scrittori esordienti o con all'attivo già più pubblicazioni su come rispondere alle domande idiote che ci si sente porre per strada, a una presentazione, in fiera, a un firma copie. Un consiglio che vale per tutte: prima di rispondere respirate profondamente e cercate di rimanere calmi! Per alcune la risposta è multipla; scegliete quella che fa più al caso vostro.



Mese di settembre. Il clima è mite. Sono le cinque del pomeriggio, sono in netto anticipo: la presentazione del mio ultimo librò è prevista per le diciotto e trenta. Sono rilassato e persino di buon umore. Mi dedico alla ricerca di un parcheggio. Ne trovo uno in ottima posizione ma è in zona disco orario; che sfiga! È ovvio che un'ora non mi basta, e rischio di prendermi una multa. Non ho i soldi per concedermi certi lussi pertanto proseguo e cerco ancora. Finalmente trovo uno splendido posto libero che una coppia di arzilli pensionati, marito e moglie, mi ha appena gentilmente lasciato; che botta di culo! Guardo meglio: è sotto gli alberi; porcaccia di quella schifa! So già che al ritorno troverò la mia povera auto bombardata da merde d'uccelli; pazienza! Un paio di agevoli manovre e mi c'infilo. Spengo il motore. Scendo dall'auto e mi avvio a piedi fischiettando Desafinado di Jobim; mi viene anche la tentazione di azzardare qualche morbido passo di danza sculettando ma mi trattengo per ovvia decenza. Imbocco il corso principale. Dopo nemmeno una ventina di metri sono già fermo: mi si para davanti una superficiale conoscenza dei tempi andati; sono anni che non vedo questo tizio e a dire il vero non ne avevo sentito la mancanza. ˗ Marcus, che ci fai da queste parti? Se non ricordo male tu sei andato ad abitare a... ˗ Ricordi bene. Sono qui per... ˗ sono indeciso, esito, ˗ sono qui per una presentazione, ˗ pentendomi immediatamente di aver rivelato il vero motivo del ritorno della mia città natale. ˗ Presentazione? Di che tipo? Come quelle con PowerPoint? Ma che cazzo c'entra PowerPoint?, mi chiedo. Mi rendo conto che oramai è tardi per fare marcia indietro; tanto vale che prosegua con le spiegazioni: ˗ Presento il mio ultimo libro. ˗ Ah, già! Qualcuno mi ha detto che hai scritto un libro. Vorrei rispondergli che questo è il sesto libro che ho pubblicato, ma evito. Lui continua: ˗ E così hai scritto un libro! ˗ ridacchia; il tono pare canzonatorio. ˗ E già! ˗ rispondo secco, quasi stizzito, e mi domando: Ma che cazzo vuole questo qui? Crede che io non sia in grado di scrivere un libro? Ma pensa per te, imbecille! ˗ E com'è? È bello? Minchia! Di tutte le domande idiote questa di sicuro è la più idiota; e decido di rispondergli in maniera altrettanto idiota: ˗ In verità è qualcosa di estremamente innovativo. Ho voluto sperimentare... esplorare nuovi orizzonti in campo letterario. Di proposito ho scritto un libro brutto, illeggibile e sgrammaticato. La trama non esiste, i personaggi sono fiacchi, il finale non c'è, mancano diverse parti che ho scritto ma che mi sono dimenticato di inserire, e per di più è impaginato alla cazzo di cane. Te lo consiglio; costa solo quaranta euro. ˗ Quaranta euro! Caspita! Ma quante pagine ha? ˗ Compresa la copertina, quattro. ˗ Quattro?! ˗ No, sto scherzando. Ne ha più di tremila... Sai, il mio editore vende a peso; prima faceva il pizzicagnolo. ˗ Quattro mi sembran poche; tremila mi sembrano tante... non è che mi stai prendendo per il culo? ˗ È possibile. ˗ Ma davvero l'hai scritto tu? ˗ Certo! Sono il ghostwriter di me stesso. ˗ Non so come mi sia uscita questa frase, ma oramai è fatta. Guardo negli occhi il mio interlocutore cercando di intuire che cosa ha capito di quello che ho detto. Lo vedo spaesato, annaspa, poi si riprende: ˗ Secondo te mi piace? ˗ E che cazzo ne so?! Mica conosco i tuoi gusti. Leggilo, poi mi dirai. ˗ Uhm, potrei anche farlo... Me ne regali una copia? ˗ Il primo impulso che mi viene è di mandarlo potentemente a fare in culo, ma mi trattengo; non ho voglia di rovinarmi la giornata, per quanto già abbastanza compromessa dopo questo incontro. Mi lancio in una risposta diplomatica: ˗ Lo farei volentieri ma è impossibile. Tutte le copie stampate sono di proprietà dell'editore; se ne vuoi una omaggio devi chiedere a lui. ˗ Ah! Ma non è possibile scaricarlo gratis da internet? M'immagino di fare due passi indietro, prendere bene la mira, e sputargli in un occhio. ˗ Puoi sempre provare... se cerchi bene forse qualcosa da scaricare lo trovi. ˗ Farò qualche ricerca. ˗ Falla! Ti auguro buona fortuna. ˗ Però, potresti sempre farmelo fotocopiare... Non gli rispondo. Mi picchio con il dito indice sul polso sinistro a indicare l'orologio che non ho e non ho mai avuto, e senza nemmeno darmi la pena di salutarlo mi allontano, sconsolato... Cammino, cammino... Senza rendermene conto mi trovo a passare davanti a una libreria Mondadori. Come d'abitudine mi fermo a osservare i libri esposti, le ultime novità. Il mio non c'è. Per forza, lo devo ancora presentare. Ma nemmeno sono esposti in vetrina quelli che ho già pubblicato. Chissà dove saranno all'interno della libreria? Di sicuro in cima a qualche scaffale, irraggiungibili e per nulla visibili. È così: li tengono in bella mostra per una settimana quando va bene e poi addio!, su in soffitta o giù in cantina! Attraverso il vetro il titolare mi guarda, mi riconosce, mi saluta. Presso questa libreria ho fatto un paio di firma copie, ma per questa presentazione ho deciso per un'altra. Ricambio il saluto con la mano, faccio segno che sto fumando e che perciò non posso entrare. A gesti gli faccio intendere che ripasserò, che sarà per un'altra volta; e mi do alla fuga proseguendo per la via principale. Sopra la porta di una farmacia vi è un pannello elettronico, indica in modo alterno l'ora e la temperatura esterna: vi sono ventiquattro gradi, il clima è ottimo! L'ora? È ancora presto. Decido pertanto di concedermi un caffè. Entro in un bar di proprietà di un mio amico fin dai tempi delle scuole medie con cui i rapporti a causa della scarsa frequentazione si sono raffreddati e ridotti, le poche volte in cui ci rincontriamo, a più solo a frasi di circostanza. Lui mi vede entrare e subito mi saluta: ˗ Ciao Marcus. Immagino che tu sia qui per la presentazione di un tuo libro. Ho letto sul giornale locale che è per oggi. ˗ Sì. Alle diciotto e trenta. Da... ˗ Peccato che io non possa venire! Ma sai, il bar… Toglimi una curiosità; è una cosa che mi sono sempre chiesto: ma si guadagna bene a scrivere libri? È una delle domande che mi sento porre più di frequente; e come ogni volta, oramai è un riflesso condizionato, sento il tonfo che le mie balle producono mentre si schiantano a terra. So bene che in questo caso non è prevista nessuna risposta ragionevole; e come me lo sanno milioni di altri autori in tutto il mondo. Di fronte a una domanda del genere l'unica cosa da fare è scagliarsi contro chi te l'ha fatta, roteare i pugni, colpirlo senza pietà cercando di farli quanto più male possibile, meglio ancora ucciderlo. Poi considero eventuali implicazioni giudiziarie, mi trattengo, e rispondo: ˗ Non è un lavoro sicuro. Vi sono alti e bassi, ˗ mentre dico questo penso alla seria possibilità di intraprendere la brillante, e senza dubbio più redditizia, carriera di ciabattino. Lui non comprende il dramma che si sta svolgendo dentro di me e senza alcuna pietà continua: ˗ E come stanno andando le vendite? Mi viene l'impulso irrefrenabile di saltare il bancone, afferrarlo per i capelli e spingergli la faccia sulla piastra per scaldare i toast, ma ancora una volta riesco a tenere a bada la mia furia omicida. ˗ Stephen King, Dan Brown, e Ken Follett sono ancora avanti a me, ma sto risalendo in classifica. ˗ Ah, bene! ˗ esclama lui, tutto soddisfatto; poi mi domanda: ˗ Ma dove lo trovo il tuo libro? Lo vendono al supermercato? ˗ No, ˗ gli rispondo. ˗ Lì trovi solo i libri di cucina della Parodi e quelli di Fabio Volo, ˗ E a stento riesco a trattenere un bestemmione. ˗ Ma il libro lo vendi tu? Comprendo che da questa conversazione non ne uscirò vivo, e pertanto inizio a cazzeggiare: ˗ Ovviamente! Ho un banco al mercato. Mi trovi il martedì e il venerdì incastrato tra quello dei polli allo spiedo e il banco dei prodotti tipici calabresi, dalle otto a mezzogiorno. Ti aspetto. ˗ Dai, non scherzare! Ho capito; ma che cosa devo dire a quelli della libreria? ˗ In genere basta il titolo del libro e il nome dell'autore; ma se dici: tre etti di mortadella tagliata fine e una fettina di Auricchio piccante, va bene lo stesso. Tranquillo! Capiranno. Un tizio, appoggiato al bancone da alcuni minuti, il quale ha assistito con grande interesse alla conversazione, si rivolge a me con fare di sfida: ˗ Lei è uno scrittore? ˗ Così dicono. ˗ E mi dica, perché io dovrei comprare un suo libro? ˗ e appena terminato di porre la domanda tira giù un sorso di quella che pare Sambuca. A questo punto mi rendo conto di avere due possibilità: la prima è quella di sciroppargli un discorso di quattro ore sui grandi temi della narrativa universale, la psicologia dei miei personaggi e i loro drammi esistenziali; poi penso di non averne neanche per le balle, e decido per una seconda soluzione. Pago il mio caffè, e prima di uscire dal bar gli rispondo: ˗ Non è obbligato a farlo, ovviamente. Tanto più che se in casa ne ha già uno di libro, un secondo sarebbe superfluo, un qualcosa in più che non le servirebbe a nulla.

Giungo nella libreria eletta a luogo della mia presentazione. Guardo una delle due vetrine. Disposte su due file, copertina a fronte, vi sono quattro copie del mio ultimo romanzo, e a fianco un cartoncino su cui si può leggere comodamente con l'aiuto di un potente telescopio: "Ore 18:30 incontro con l'autore Marcus Nolde. Presentazione del suo ultimo romanzo: Il diario del capitano Eric Mayer". E chi se ne frega!, penso a quello che diranno i pochi dotati di vista eccezionale che sono in grado di leggerlo. Entro. Mi avvicino alla cassa. Saluto il titolare, mia vecchia conoscenza. Lui risponde al saluto. Mi fa segno di aspettare, mi fa capire che tra un attimo sarà da me, giusto il tempo di dare il resto a una signora che, come posso bene vedere, ha appena acquistato l'ultimo libro, credo sia il settantesimo, di Bruno Vespa. Sospiro. ˗ Di là è tutto pronto, ˗ mi rassicura il titolare della libreria non appena mi raggiunge. ˗ Credo che ci sia anche già qualcuno. ˗ Grande affluenza! Sentita partecipazione! ˗ esclamo io, e domando: ˗ Del mio editore si hanno notizie? ˗ Non è ancora arrivato. ˗ Se non viene, meglio! M'intervisterò da solo. Mi farò una domanda e mi darò la risposta; un po' come se fossi da Marzullo, in un programma che vista l'ora potrebbe essere "Tardo pomeriggio e dintorni".

Ore 18:40, ho lasciato passare i dieci minuti accademici. Entro nella saletta sul retro in compagnia del mio editore, che nel frattempo è arrivato e non mi ha dato buca. Salutiamo cordialmente i convenuti. Li conto: dodici persone in tutto, esclusi noi due, ovviamente. Pensavo peggio, ma speravo anche meglio. Va bene! Iniziamo. Per primo prende la parola l'editore. Mi presenta, presenta il mio libro; nel frattempo io scruto in volto i partecipanti, i miei potenziali lettori, per cercare di capire con chi ho a che fare, azione impossibile: gli sguardi sono quelli di dodici sfingi. È il mio turno, tocca a me aprire bocca e dare fiato. Mi presento nuovamente, ringrazio gli intervenuti, e dichiaro candidamente che non ho intenzione di mettermi a parlare del mio libro, che farò solo qualche accenno se sarà il caso, e che preferisco che mi si facciano subito delle domande, meglio se di carattere generale, meglio se sul mio lavoro di autore. Momenti di panico. Nella saletta cala un gelo tombale. Cerco di spronarli: ˗ Su, non siate timidi! Si alza una mano, pare di essere in una classe di scuola elementare. ˗ Prego! ˗ invito la signora che ha alzato la manina a porre la domanda. ˗ Dove trova l'ispirazione per scrivere i suoi romanzi? Immancabile la domanda stronza!, penso. Ma mi rendo conto che non posso comportarmi da maleducato, almeno non all'inizio della presentazione, forse in seguito, e rispondo: ˗ L'ispirazione vera e propria, almeno per quanto mi riguarda, non esiste. Osservo, metto insieme i fatti, combino, mi rifaccio a qualcosa che mi è capitato... non dico che a volte l'idea per un romanzo non possa arrivare in modo casuale... ˗ e decido che ne ho già piene le balle e che è venuto il momento di divertirsi. ˗ Per esempio, l'idea di scrivere quest'ultimo romanzo mi è venuta mentre ero con la testa infilata dentro il frigorifero e stavo cercando la scatola dei formaggini. ˗ Ah, allora questo suo ultimo romanzo è autobiografico? ˗ continua la signora, oramai non più preda della timidezza. Ma porcaccia di quella puttana!, penso. Che cosa c'entrano i formaggini con la mia vita, quale ruolo così importante possono avere? Che cosa mai avrà capito questa qua? Prendo tempo. Assumo un'aria pensierosa. Infine rispondo: ˗ Beh, come dire... nel libro si raccontano le vicende di Ralph, un alieno omosessuale che sbarca sulla Terra. S'innamora di un criceto, poi si butta in politica e per finire, durante un'invasione di zombie, ha una folgorazione e diventa cantante lirico... Sì, direi che è una storia autobiografica, senza dubbio. Il mio editore si agita sulla sedia. Suda. È visibilmente in affanno. Interviene per cercare di mettere una pezza alla cazzata che ho appena detto: ˗ Come ben sapete, il nostro autore, ˗ indicandomi con aria di disgusto, ˗ ha sempre voglia di scherzare. In realtà questo suo ultimo libro, ˗ alzandolo e facendo ben vedere la copertina, ˗ narra le bizzarre avventure di un tizio che va in vacanza in Liguria... gliene capitano di tutti i colori, e alla fine... ˗ E come finisce? ˗ domanda un tizio sulla settantina, seduto tra gli ultimi, in fondo alla saletta. ˗ In realtà, ˗ prendo nuovamente la parola, ˗ il mio editore ha tralasciato di dirvi che il protagonista di questo romanzo è uno scrittore; e la storia finisce con lui che, a una presentazione, uccide un lettore troppo curioso sparandogli una revolverata in mezzo agli occhi. Mi arriva una gomitata dal mio editore. ˗ Ma che cazzo dici? ˗ mi domanda a bassa voce e coprendosi la bocca con la mano. ˗ Tranquillo! Tra questi non ce n'è uno che ha intenzione di comprare; tanto vale che ci divertiamo, ˗ gli rispondo. Un tizio, fornito di potenti baffoni, alza la mano. ˗ Prego! ˗ gli faccio io. ˗ Da questo momento solo domande a raffica. Domande precise, risposte precise. Mi ponga la domanda. ˗ L'ho letto il tuo libro, il primo che hai scritto... ˗ Ecco! Bravo! ˗ lo interrompo. ˗ D'ora in avanti diamoci del "tu". Vai avanti! Poni il quesito! ˗ Ma perché l'hai fatto finire in quel modo? ˗ Hai ragione: è poco convincente. In realtà come ultima frase avrei voluto scrivere: "E vissero tutti felici e dementi", ma purtroppo oramai è fatta!... ma ho in programma di farne una seconda edizione; accetto suggerimenti. ˗ Io, invece, ˗ dice un altro, ˗ L'ho iniziato il tuo libro ma non riesco ad andare avanti. ˗ E ci credo! Il mio libro bisogna leggerlo dalla fine. Prova a sfogliare le pagine al contrario! ˗ No, no... è bello, ˗ interviene in mio soccorso il baffone. ˗ Bello! Sì, insomma... Forse qualche errore... ˗ e si rivolge nuovamente a me: ˗ Vuoi che ti dica che cosa non mi è piaciuto? Eh, vuoi che te lo dica? ˗ Meglio di no! ˗ Mi scusi, signor scrittore... ˗ dice una donna che, dal modo in cui mi si rivolge è evidente che vuole mantenere le distanze, ˗ io avrei più domande da farle... ˗ Dica pure, signora. ˗ Io non la conosco come autore, non l'ho mai sentita nominare... ma che genere di libri scrive? ˗ Mi sono specializzato nel genere fantasy-western-porno-horror. Mi rendo conto che è un'insolita commistione di generi; ma le posso assicurare che funziona. ˗ Ah, capisco! Ma come si fa a scrivere un libro? ˗ È semplice: si prendono una decina di libri di altri, si mescolano frasi e parole, ed ecco che viene fuori il libro. ˗ Non pensavo si facesse così! Ma l'ha scritto con il computer? ˗ In questo caso sì, ˗ picchiando con il palmo della mano sul libro che è sul bancone dietro cui io e il mio editore siamo seduti, ˗ ma di solito preferisco usare le tavolette d'argilla, il papiro non sempre riesco a trovarlo. ˗ Ma quello che lei racconta nei suoi libri è tratto da storie vere? ˗ Sono tutte invenzioni! ˗ mento spudoratamente, ma alla fine, per farmi perdonare, mi produco in una frase a effetto, quasi una perla di saggezza: ˗ Invenzioni... sì, ma diventano vere nel momento in cui le scrivo... ˗ dopodiché mi lancio in un delirante monologo di quindici minuti durante il quale nessuno ha il coraggio di interrompermi, e in cui riesco in modo egregio a fare sembrare intelligenti le idiozie che dico; poi mi blocco di colpo, annaspo, non ricordo più ciò che volevo dire, e annuncio: ˗ La presentazione è finita; andate in pace. Tutti si alzano, rumoreggiano. Straordinariamente si avvicinano al bancone per avere una copia autografata. Primo tra tutti il baffone. ˗ Mi fai una dedica? ˗ mi dice. ˗ Certamente! A chi devo farla? Qual è il tuo nome? ˗ Scrivi: "A Mario, il mio grandissimo amico", e poi mettici la firma. ˗ Faccio subito, ˗ gli rispondo, ed eseguo, pur rimanendo un poco perplesso per la recente e grandissima amicizia. Mentre sto per porgergli il libro con dedica lui mi guarda con un paio di occhioni acquosi e mi dice: ˗ Anch'io mi diletto a scrivere! Vuoi che ti mandi qualcosa da leggere? ˗ Certamente! Mandami tutto a questo indirizzo di posta elettronica... Riprendo il libro e in terza di copertina gli scrivo un indirizzo e-mail errato. Glielo riconsegno e finalmente lui se ne va via soddisfatto. Arriva il turno della signora molto attiva nel fare le domande, la quale pare le abbia esaurite ma abbia in serbo qualche consiglio: ˗ Di recente ho letto un romanzo molto bello di *** (autore mai sentito, dal nome potrebbe essere del Tagikistan) ... glielo lo consiglio; scrive davvero bene. Dovrebbe leggerlo anche lei. ˗ Per quanta riguarda le mie letture ho detto basta alla prosa. D'ora in avanti leggerò solo poesie o, al massimo, libretti di opere liriche. ˗ Ah, che strano! Peccato! Il suo libro, però pare divertente... perché non ci fa un film? ˗ Mia cara signora, Hollywood è in crisi, la gente non va più al cinema; non ne vale la pena. Così si prosegue. Alla fine il numero delle copie vendute è sette; cinque se la sono filata non appena finita la presentazione. Baci, abbracci, strette di mano. Arrivederci alla prossima. Io e il mio editore usciamo. Accendiamo le sigarette. Lui commenta che ancora una volta mi sono comportato come una testa di cazzo, e io gli do pienamente ragione. Prima di salutarci mi dà cinque copie omaggio del mio ultimo romanzo. Mi avvio con il fagotto sotto il braccio e in una manciata di minuti raggiungo la mia autovettura. Noto con piacere che è stata risparmiata dai piccioni. Apro la portiera, non faccio in tempo a posare i libri sul sedile che mi sento chiamare. Alzo lo sguardo e vedo una figura femminile che mi si avvicina. La riconosco, è P***, era al liceo con me, ma in un'altra sezione. Allora era carina, ma anche adesso non è proprio da buttare via. Ricordo che ai tempi ci avevo anche provato con lei ma che mi era andata male. ˗ Ciao Marcus! Quanto tempo che non ci si vede. ˗ Ciao P***. Non saprei quanto, ma di sicuro parecchio. ˗ Che cosa fai con tutti quei libri in mano? ˗ Sono copie di un mio romanzo che devo inviare per posta a... ˗ Ah, hai scritto un libro! Bravo! Ne parlavo proprio l'altro giorno, ma lo sai che anche tizio (conoscenza in comune) ha scritto un libro? ˗ Interessante! Andrò subito a comprarlo, ˗ mento in modo spudorato. ˗ È un sacco di tempo che non ci si vede, ma questo l'ho già detto... e dimmi, che lavoro fai? ˗ Te l'ho detto: scrivo. ˗ No, dicevo... come lavoro vero, che fai? M'innervosisco. ˗ Mi faccio venire il culo quadro sulla sedia, sto 10/12 ore al giorno davanti a un computer martellando con le dita sulla tastiera frasi senza senso... insomma, posso orgogliosamente affermare che non faccio un belino dal mattina alla sera! ˗ Uh, beato te!... Lo sai che io, invece, mi sono messa a dipingere? ˗ Non lo sapevo... brava! ˗ e penso: e a me che cosa me ne frega?! ˗ Mi è venuta un'idea: che cosa ne dici se fossi io a farti la prossima copertina? ˗ Come idea mi sembra splendida! Anche se in genere è la casa editrice che sceglie come farla... Ti posso però mettere in contatto con il mio editore; non si sa mai, ˗ e penso che se lo facessi sarebbe la volta buona che mi manderebbe davvero a fare in culo, poi continuo: ˗ Ma non subito; prima fammi finire il libro che sto scrivendo. ˗ Bene! Allora teniamoci in contatto... magari su Facebook. ˗ Certamente! Ora mi dispiace ma ti devo proprio salutare: sono in ritardo a un appuntamento, ˗ e mentre salgo in auto e avvio il motore mi dico che mi devo ricordare di cancellare P*** dall'elenco degli amici su Facebook, tanto ho già capito che questa non me la darà mai.

Sto percorrendo la strada statale che mi riporterà a casa. Mi accendo una sigaretta. L'indicatore della benzina si illumina; puttana Eva, sono di nuovo in riserva! Mi fermo al primo distributore che incontro; venti euro saranno più che sufficienti, mi dico; non mi pare sia il caso di esagerare. Mentre sto rifornendo il serbatoio della mia autovettura arriva un'altra auto, una Mercedes LS, "ottantamila" di cilindrata, appena uscita dalla fabbrica... immagino che LS stia per "lusso sfrenato". Ne scende un tizio. Si rivolge all'addetto della stazione di servizio che è dentro a un gabbiotto e che non ha la minima intenzione di uscirne: ˗ Garçon... il pieno. Quell'altro gli risponde urlando: ˗ Self-service. Il nuovo arrivato mi guarda e mi saluta. Ricambio. Mi pare di conoscerlo ma non ne sono sicuro... poi ricordo: ma sì che lo conosco! Ci siamo frequentati per qualche tempo, facevamo parte della stessa compagnia... una trentina di anni fa, o forse più. Oggi è proprio la giornata degli incontri! Ci salutiamo una seconda volta, ma più cordialmente. Io non gli chiedo come se la passa perché è evidente che se la passa bene... e vorrei ben vedere! Suo padre gli ha lasciato in eredità un'industria di tutto rispetto; strano che, testa di cazzo come lo ricordo, non l'abbia fatta ancora fallire! A quanto pare lui è informato della mia attività di scrittore; le voci circolano, la gente mormora!, e mi dice: ˗ Ho visto il tuo libro in libreria ma non l'ho comprato. Per la seconda volta nella giornata sento il tonfo delle mie balle che si schiantano a terra; se ora avessi a disposizione una bottiglia di vodka la tirerei a secco. Mi viene da chiedergli perché non l'abbia comprato ma non me ne dà il tempo e mi chiede: ˗ Di cosa parla? ˗ Se l'avessi comprato e soprattutto letto ora lo sapresti. ˗ Prometto di comprarlo. In uno slancio di generosità riassumo in ventinove secondi netti la trama di un libro di trecentocinquanta pagine. ˗ Uh, sembra bello!... ma mi ricorda tanto il libro di... quello scrittore famoso... come si chiama? ˗ Briggy Barcellone? ˗ m'invento il nome di uno scrittore inesistente sparandolo alla cazzo. ˗ No, non lui... più famoso... ˗ Forse Stephen De Vito? ˗ altro nome inventato. ˗ Può darsi... ora non ricordo... ˗ Meglio se controlli; poi mi farai sapere, ˗ e mi rendo conto che questo tizio che ho davanti di letteratura ne sa meno della piantina grassa che ho sul piano della mia scrivania. Per nulla demoralizzato per la sua temporanea amnesia continua: ˗ E ci sarà un seguito di questa storia? Ne scriverai in un secondo libro? ˗ A dir la verità, mi sono già pentito di avere scritto il primo. ˗ Anche a me piacerebbe scrivere, ma non credo di esserne capace... Mi è venuta un'idea: perché non scrivi un romanzo su di me, sulla mia vita? ˗ Io direi che sarebbe meglio una sceneggiatura, così ci facciamo subito un film. ˗ Tu dici? ˗ Certamente! ˗ Però sarebbe meglio... ˗ lui mi suggerisce, ˗ che il tuo libro lo pubblicassi con una grande casa editrice, tipo Einaudi o Mondadori. ˗ In effetti, potrebbe essere un'idea... Sincerità per sincerità ti dico che ci ho provato, ma nemmeno mi hanno risposto, non m'hanno cagato manco di striscio. ˗ Ah, capisco... ma allora, perché non vai a promuovere il tuo libro in televisione? ˗ Hai ragione, cazzo! Lo sai che non ci avevo pensato! Purtroppo ho terminato di fare rifornimento alla mia auto perché se me ne fossero avanzati ancora un paio di litri mi cospargerei di benzina e darei fuoco. Mi squilla il cellulare, il mio fido Nokia 3310. E chi cazzo sarà?, mi chiedo. Rispondo: ˗ Pronto... È il proprietario della libreria dove ho appena fatto la presentazione, che mi dice che mi sono dimenticato di ritirare il libro che avevo ordinato e che peraltro avevo già pagato, la bellezza di venticinque biglietti da un euro. ˗ Chi?... Che cosa?... ˗ proseguo con la telefonata, ˗ Già pagato?! Venticinque! Mah, sì... vedrò. Appena posso... Chiudo la comunicazione e mi rivolgo alla mia vecchia conoscenza: ˗ Da non credere... ˗ Non credere cosa? ˗ Mi ha appena telefonato il mio agente... l'hai sentita la telefonata? ˗ Beh, sì. ˗ Mi ha appena detto che la Penguin Book... ˗ E che roba è? ˗ Una casa editrice inglese... tanto per farti un esempio è quella con cui pubblica Ken Follett, ˗ e qui sparo due minchiate in un colpo solo: la prima è che non ne ho la minima idea se Follett abbia pubblicato con loro, la seconda è che è alquanto improbabile che sia contattato da questa casa editrice inglese, anche solo per il fatto che ha chiuso i battenti nel 2013. ˗ Ken Follett? Ma questo lo conosco... è uno famoso! ˗ Appunto!... Ti dicevo, che la Penguin ha intenzione di comprare i diritti del mio secondo libro, e che sulla scrivania del mio editore c'è già un assegno che mi aspetta di 25000... ˗ Dollari? ˗ Col cazzo! Sterline. Senza dire altro risalgo sulla mia auto e me ne vado via soddisfatto mentre quell'altro rimane, perplesso, a guardarmi mentre mi allontano. Dallo specchietto retrovisore lo vedo che alza il braccio in direzione del benzinaio e dice ad alta voce: ˗ Garçon... il pieno.

Cari amici scrittori, mentire! Mentire sempre! o, alla peggio, tacere!

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