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"Le scimmie del tenente Nolde" - estratto. Quadro: "Crestani, una vera passione per l

Crestani, una vera passione per le patatine.


Allo scadere del settimo giorno ebbe fine mio servizio in polveriera, e con la testa vuota e le membra intorpidite per il troppo riposo mi fu finalmente concesso di fare ritorno tra le più accoglienti mura della caserma, ma senza che però mi fosse possibile raccontare di avventure più o meno galanti, di torbidi abboccamenti, sparatorie, esplosioni, o di altri avvenimenti pirotecnici che di sicuro mi avrebbero fatto salire agli onori della cronaca ma che al tempo stesso mi avrebbero spalancato le porte di qualche fredda e poco accogliente cella di un carcere militare. Il mio collega Crestani, tra le sue varie caratteristiche e qualità aveva una passione in particolare: quella per le patatine di qualunque tipo e marca, dalla più economica alla più blasonata. Come metteva piede al bar del circolo la sua prima preoccupazione era di staccarne un sacchetto dall'espositore che si trovava di fianco al bancone e iniziare a mangiare con gusto e voracità. A volte se ne faceva anche un paio di fila e non era raro vederlo attraversare il piazzale mentre sgranocchiava le patatine infilando a ritmo serrato la mano dentro il sacchetto. Una notte Crestani, terminato il suo giro d'ispezione come comandante del PAO tornò agli alloggi ufficiali per concedersi qualche ora di sonno, e trovò me e Marzari che stavamo beatamente dormendo nei nostri lettucci, ovviamente tale rientro lo compì sgranocchiando patatine. Parzialmente ridestati dal suo arrivo, trovammo solo la forza di mandare al suo indirizzo male parole e ci rimettemmo a dormire. Crestani, ingurgitata anche l'ultima patatina, gettò il sacchetto vuoto nel cestino della carta straccia, uno dei rari complementi d'arredo che impreziosivano la nostra stanza, e si cacciò anche lui sotto le coperte e le lenzuola. A un tratto, a un'ora imprecisata, fummo svegliati tutti e tre da uno strano e insistente rumore, SCRAT, SCRAT, o qualcosa di simile. Ci rizzammo sui letti. ˗ Che cos'è 'sto casino? ˗ domandò Marzari, e il rumore cessò di colpo. Ci sollevammo dalle nostre brande, e a me, che ero il più vicino all'interruttore, toccò l'ingrato compito di scoprirmi del tutto per allungare la mano e accendere la luce. Parzialmente avvolti con indumenti di fortuna, ci impegnammo a compiere un rapido giro di perlustrazione in ogni cantone ma nonostante i nostri sforzi non rilevammo nulla di strano. Spensi la luce e invitai gli altri a tornare a dormire. Dopo qualche minuto il fastidioso rumore riprese. ˗ Ma si può sapere che cazzo è 'sto rumore? ˗ domandò di nuovo Marzari, e accesi la luce per una seconda volta. Decisi a scoprirne la causa, effettuammo una seconda perlustrazione, ma molto più accurata della precedente. Finalmente e per un caso fortuito, poiché Crestani, ancora imbambolato dal sonno inciampò nel cestino della carta e lo fece rovesciare, scoprimmo che al suo interno vi erano due topolini che stavano allegramente banchettando con ciò che era rimasto sul fondo del sacchetto di patatine che proprio lui aveva gettato. Vistisi scoperti, i simpatici roditori si diedero alla fuga rifugiandosi sotto i letti per poi subito uscire allo scoperto e percorrere veloci traiettorie da un angolo all'altro della stanza. Marzari si alzò in piedi sul letto, mostrandosi in tutto il suo splendore in mutande e canottiera, indossò la fascia azzurra dell'alta uniforme ponendosela di traverso come nelle occasioni ufficiali, afferrò la sciabola, la sguainò, e puntandola verso il soffitto, urlò. Un grido in piena notte svegliò l'intera caserma: ˗ Avanti miei prodi, ricacciamo l'invasore! Io e Crestani, ormai del tutto ridestati, accogliemmo con entusiasmo tale invito, e anche noi in mutande, e con la fascia azzurra di traverso, sguainammo le sciabole, e tutti e tre cominciammo a menare poderosi fendenti a destra e a manca nell'infruttuoso tentativo di arginare l'assalto e di porre il nemico in fuga. Il risultato fu che Marzari, in un momento di slancio eccessivo, benché giustificato dal sacro e militaresco furore che si era impossessato di lui in tale frangente, colpì con la punta della sciabola la lampadina che era al centro della stanza e rimanemmo al buio, e fummo costretti per forza di cose a cessare le ostilità. Crestani fu pesantemente biasimato per il suo sconsiderato comportamento, e gli fu da noialtri due ordinato di sbarazzarsi dei resti delle patatine e, per meglio essere sicuri, di tutto il cestino; compito che eseguì annaspando nell'oscurità, mortificato. Decidemmo inoltre che l'indomani, con la luce, avremmo provveduto a individuare eventuali nascondigli e a trovare un'efficace soluzione per mettere a posto gli intrusi. Il mattino seguente perlustrammo ogni angolo della stanza alla ricerca di fessure, anfratti, o altro che potesse celare o addirittura dare fissa dimora alle presenze indesiderate che a nostro giudizio non avevano titolo di essere lì poiché non facenti parte delle forze armate, ma non trovammo nulla. Sebbene fosse stato Marzari a polverizzare la lampadina, l'incarico di raccogliere le schegge e provvedere alla sostituzione fu affidato a Crestani, poiché in tal modo avrebbe espiato del tutto la propria colpa.

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