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Osvaldino Patrucco - I personaggi di Nolde - Tre punte di ruggine (il suo personaggio preferito)



Nota: per questo personaggio mi sono ispirato al volto e alla costituzione fisica del bravissimo attore Tim Roth ai tempi in cui era trentenne. Per quanto riguarda, invece, le deplorevoli caratteristiche morali di Osvaldino: a una mia conoscenza, ma non posso fare nomi, non sarebbe elegante.



In quel mentre bussarono alla porta dello studio. – Avanti,– fece il Barigazzi, ed entrò il ragionier Conticini. – Dica, ragioniere. – Mi scusi cavaliere... – e rivolgendosi alla signora Olga: – È venuta in ufficio la sua domestica per avvertire che è arrivato il signor Osvaldo. – Sì, mi ha detto che sarebbe passato. – Ecco, ci voleva giusto lui a completare la giornata! – esclamò il Barigazzi indispettito. – Gli dica che arrivo, – disse Olga al contabile. – No, lo faccia venire qua. Vediamo quali novità ci porta tuo fratello, voglio sentire anch'io. Ogni volta che viene è perché ha combinato qualche casino e ha bisogno di aiuto. Ce lo porti, ragioniere, lo faccia accomodare, quel bel tomo. Dopo pochi minuti entrò Osvaldino, sorridente e sicuro di sé. Indossava una giacchettina corta alla moda che sapeva di nuovo e pareva essere appena stato dal parrucchiere. – Ciao sorellina. Augusto... Fratello e sorella si abbracciarono scambiandosi baci sulle guance. – Osvaldino, cosa ti porta da noi? – gli chiese il Barigazzi. – Nulla di particolare. Sono solo venuto a salutare la mia sorellina, anche se essendo più giovane di lei di otto anni e di una spanna più basso la dovrei chiamare sorellona, ma sorellina mi piace di più. – Però, che cognato tenero e premuroso che mi sono ritrovato! E dimmi Osvaldino, oltre al piacere di far visita a tua sorella, quale altro motivo c'è sotto? – Nessuno; perché, ci dovrebbe essere? – No, no, meglio così! Quando vieni qua da noi, in genere è solo per chiedere soldi; del resto, non avendo un lavoro e nemmeno volendo cercarlo... – Guarda che ti sbagli, io ce l'ho un lavoro. – Questa è bella! Tu, un lavoro! E quale lavoro sarebbe? – Intermediario d'affari. Il Barigazzi diede una serie di colpi di tosse e spinse il busto massiccio in avanti per evitare di strozzarsi. La moglie gli versò dell'acqua in un bicchiere. Terminato di bere e in parte ripresosi dall'aver udito quella bizzarra affermazione commentò sogghignando: – Intermediario d'affari? Bel mestiere! Ti si addice proprio! – Già! Più o meno quello che fai tu. – Quindi, non sei venuto a chiedere soldi a tua sorella? – Non sia mai! – E di quali affari ti staresti occupando? Sentiamo un po'. – Antiquariato. – M'immagino che genere di antiquariato! – ridacchiò il Barigazzi. – Piazzerai cianfrusaglie raccattate in qualche discarica a dei poveri sprovveduti, in combutta con qualche rigattiere morto di fame quanto te. – Ti sbagli di grosso! Tratto solo pezzi importanti e con antiquari accreditati che conoscono bene il mestiere; poi, per quanto riguarda la mia clientela, ti faccio solo un esempio: lo conosci il notaio Gervasutti? – Certo che lo conosco! – Meno di una settimana fa gli ho venduto una cassapanca del cinquecento. – Lo dicevo io che Gervasutti si era rincoglionito! Per arrivare a comprare una cassapanca da te! – E su, Augusto! Diamo un po' di fiducia a Osvaldino, che sia la volta buona che riesca a imboccare la strada giusta! – intervenne Olga, che nel corso degli anni non aveva mai smesso di prendere le difese del fratello. – Sarà, ma non mi convince. – Basta guardare il tuo studio: è arredato con mobili dozzinali, da supermercato. Per fortuna in casa vostra ci ha pensato mia sorella! – Ha parlato l'esperto che, guarda caso, vive in una topaia! – Non sarò un grande esperto ma in confronto a te, ignorante come sei, mi sento uno scienziato. E poi quella topaia è di tua proprietà. – E tu nemmeno mi paghi l'affitto! – Buoni! – intervenne di nuovo Olga, cercando di evitare che i due si accapigliassero come accadeva di solito, e si rivolse al consorte: – Augusto, poiché Osvaldino si sta occupando di antiquariato, non potrebbe... Osvaldino drizzò collo e orecchie. – Olga, ti rendi conto di quello che stai dicendo? – le rispose sconcertato il Barigazzi. – E dai, mettilo alla prova. – Non ci penso nemmeno! – E dai! – Neanche se mi ammazzano! – Augusto! – Olga pronunciò il nome del marito con quel tono che lui conosceva bene, e che voleva dire che se non l'avesse accontentata prima o poi lei gliela avrebbe fatta pagare. – E va bene! Ma solo perché è tuo fratello. Un altro della sua specie l'avrei già preso a calci e fatto rotolare giù dalle scale, – e si rivolse al cognato: – Dai, vediamo un po', grande esperto di antiquariato, vediamo se riesci a portare a termine un affare. – Sentiamo; di che hai bisogno? – L'ultima cosa di cui ho bisogno è di dovermi servire di uno come te, ma ho la sventura che tu sia mio cognato! – Vuoi dirmi cosa ti serve o facciamo notte? – Ho bisogno di un libro antico, devo fare un regalo. – Un libro antico! Che libro? – E che ne so di che libro! Uno qualunque, è un regalo per uno importante e devo fare bella figura. – Arte e cultura al posto delle solite mazzette: stai diventando raffinato! – Piantala! Sei in grado di trovare qualcosa che faccia al caso mio? – Direi! È il mio campo. – Di bene in meglio, adesso i libri antichi sono diventati il tuo campo! Oggi deve essere il mio giorno fortunato! Dai, vai avanti. – Di libri antichi ce ne sono un'infinità, dimmi almeno quanto hai intenzione di spendere! – Non più di centomila lire. – Tu sei pazzo! Con quella cifra al massimo posso andare giù in edicola a comprarti un paio di riviste e un pacchetto di figurine. Per avere qualcosa d'importante e fare bella figura come vuoi tu, ne servono almeno quattrocento, se non addirittura cinquecento! – Senti, facciamo centocinquanta, e ti tieni in tasca quello che avanzi. – Più le spese. – Quali spese? – Augusto, Osvaldino ha ragione, – intervenne ancora una volta Olga. – In fondo gli hai affidato un incarico. – Va bene, facciamo diecimila per le spese. – Facciamo ventimila e non ne parliamo più, – rilanciò Osvaldino. – Che ho fatto di male per imparentarmi con uno così? – si lamentò il cavalier Barigazzi. Sollevò la corpacciuta figura dalla poltrona e si diresse verso una cassettiera a lato della scrivania. Con un'espressione contrariata sul volto, aprì un cassetto chiuso a chiave e prese due biglietti da diecimila che diede al cognato. – E il resto? – saltò su Osvaldino. – Quale resto? – Le centocinquanta per il libro? – Non mi dirai che le vuoi adesso! – E bravo lui! – esclamò il cognato alzando gli occhi al cielo e accennando una mezza piroetta. – E secondo te, con cosa lo pago il libro? Non vorrai che te li anticipi io?! – In effetti, potrebbe essere difficile. Sono sicuro che in tasca non avrai più di duecento lire, se le hai. Olga si avvicinò al marito e gli appoggiò una mano sulla spalla per invitarlo a una maggiore accondiscendenza. Il Barigazzi si rassegnò. Sbuffando e scuotendo la testa, tornò alla cassettiera, e prelevò il resto del denaro che con fare esitante diede al cognato. – Ecco, in totale sono centosettantamila lire. Vedi di non fare come tuo solito! Osvaldino intascò i soldi, salutò e uscì. Augusto, con l'intensità nella voce di chi si è appena dato una martellata sulle balle da solo, si rivolse alla moglie: – Anche se è inutile che te lo dica, lo sai che quei soldi non li rivedremo più? – Dai, fidati, per una volta. – Mi devo essere rincoglionito come il notaio Gervasutti, non c'è altra spiegazione. Tutti quei soldi in mano a Osvaldino, e per cosa, poi? Per un libro che, sono sicuro, non vedremo mai! Mah... da qui alla prossima settimana troveremo qualcosa da portare al vescovo.

Solo due giorni dopo quell'incontro, il ragionier Conticini annunciò al cavalier Barigazzi la visita del cognato. – Non ci posso credere! Ero convinto che non l'avrei rivisto prima di un mese o due, quando avesse finito i soldi, e invece eccolo! Ragioniere, lo faccia entrare! – Che sei riuscito a combinare? – chiese il cavalier Barigazzi appena si trovò davanti Osvaldino. – Ora vedrai quale meraviglia ti ha procurato il tuo splendido cognato! – Vediamo, sono curioso. Osvaldino appoggiò una grossa scatola di cartone sulla scrivania. Augusto la aprì e dopo aver trafficato un poco per svolgere il telo che lo avvolgeva, prese in mano il volume. – E questo cos'è? È grande quasi quanto un giornale! – Quello che mi avevi chiesto. – Sarà! Fammi leggere... ma che c'è scritto? Non si capisce niente! Che razza di lingua è? – È scritto in latino, bestia! – In latino? – Non sono mica tutti ignoranti come te! È un testo del Seicento, una prima edizione. – Perbacco, una prima edizione! E che vuol dire? – Vuol dire che per averlo ho sborsato un mucchio di soldi e che in tasca mi è rimasto niente. Il Barigazzi si mise a esaminare il grosso libro con maggiore attenzione. In effetti, sembrava parecchio antico, con alcune macchie di colore rosso e blu che impreziosivano alcune lettere più grandi delle altre. Sebbene non avesse la benché minima competenza in materia, giudicò, o meglio azzardò, che potesse avere un qualche valore. Lo soddisfò molto anche l'involucro in cui era custodito, rigido, solido, di buon cartone, con una serie di etichette e scritte misteriose che non riuscì a decifrare eccetto un numero, forse una data: 1601. Ma più di ogni altra cosa apprezzò il telo che avvolgeva il volume e che decise si trattasse di lino, e reputò che i fini e preziosi ricami in oro e argento raffiguranti Cristo in croce si confacessero perfettamente al gusto di un uomo di chiesa. – Va bene! Anche se il libro non mi convince più di tanto. Speriamo solo che chi lo debba ricevere lo apprezzi, – commentò il Barigazzi. – Farai una splendida figura, puoi star tranquillo. – Si può sapere qual è il titolo e di cosa tratta? – Non te lo so dire. Ho provato a sfogliarlo ma non sono riuscito a capire. Di sicuro è un testo di chiesa, da quel poco che mi ricordo di latino, sai, una parola qua, una là... del resto, agli inizi del seicento non avevi grandi possibilità: o scrivevi di Dio e della Madonna o finivi al rogo. – Per una volta mi sa che hai ragione. Va bene, poiché ti sei dato da fare e me lo hai portato nei tempi stabiliti ti darò ancora un diecimila, ma non andare di là a chiedere altri soldi a tua sorella. – Facciamo due da diecimila, li preferisco. – Facciamo che io te ne do uno solo e che tu ti levi subito dalle balle! – Vada per il diecimila!

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